Uccidi la coppia nella tua testa

Ungrateful Hyenas Editions


Introduzione

Nel corso della traduzione di questo opuscolo, mi sono soffermatx per la prima volta a pensare davvero alla dimensione della coppia come a una gabbia. Sebbene si tratti di una metafora abbastanza diffusa, non l’avevo mai trasformata prima in un’immagine mentale con una sua concretezza. Ho immaginato una gabbia in cui si trova rinchiusa una coppia di uccellini, che vi si erano introdotti inizialmente perché cercavano un posto caldo e confortevole in cui consumare il loro amore. Dopo qualche tempo, con l’acquietarsi della loro passione iniziale e la continuazione del loro amore, quella gabbia è diventata la loro tana, un rifugio confortevole e sicuro da cui è diventato sempre più difficile uscire. Se la loro relazione ha assunto una forma esclusiva ed escludente, la porta della gabbia è stata chiusa a chiave. Il mondo fuori continuava a esistere, vi era ancora interazione con gli individui che si trovano all’esterno, ma quest’interazione avveniva spesso in coppia e veniva sempre mediata dalle sbarre di ferro che costituivano le pareti della struttura che li conteneva. Con il passare del tempo, a quella sensazione di comfort rassicurante poteva accompagnarsi una sensazione di soffocamento e reclusione, che i due uccellini tendevano però a ricacciare in un angolo della mente… almeno fino al giorno in cui uno dei due, rimasto troppo a lungo rinchiuso, decide all’improvviso di sfondare la porta della gabbia e di uscirne per sempre, spesso con modalità drammatiche di rottura e incolpando l’altro di una reclusione che era prima di tutto autoimposta.

Nelle relazioni non esclusive, che non si sganciano però dalla forma della coppia, la porta della gabbia è sempre aperta, ma le eventuali uscite per interagire con chi sta al di fuori implicano lunghe e talvolta estenuanti negoziazioni con lx partner con cui si condivide la gabbia. Spesso è più facile, per chi sente il desiderio di uscire, rinunciare e scegliere di rimanere nel proprio nido confortevole, raccontandosi che in realtà quella voglia di uscire non è poi così importante, e che quella relazione di coppia risponde già a tutti i propri bisogni e desideri. Ma anche quando il desiderio di libertà e interazione è più forte e si instaurano in effetti relazioni multiple tra individui di diverse gabbie, se guardiamo più da vicino possiamo vedere come questa nuova disposizione non porti a distruggere effettivamente le gabbie, ma soltanto a moltiplicarle e a facilitare l’entrata e l’uscita da esse con un sistema di chiavistelli. I tempi e le modalità di queste uscite devono passare attraverso una catena di contrattazioni all’interno delle singole coppie e tra i componenti delle diverse coppie. Questa dinamica può assumere la forma di concessioni di “ore d’aria” o di “socialità” di ispirazione carceraria, che permettono l’entrata in una cella diversa dalla propria per un tempo limitato, con una catenella legata alla zampa che serve sempre a ricordare all’individuo in semi-libertà da dove proviene e dove è tenuto a tornare. Non vi è una reale evasione dall’istituto di reclusione, non si ha mai la possibilità di godersi l’aria aperta in assenza di sbarre.

Gli uccellini nella gabbia spesso non si rendono nemmeno conto di trovarsi in una struttura fisica e mentale di contenzione, e sono convinti che quella modalità sia l’unica possibile per vivere e dare valore alla loro relazione. Non hanno mai sperimentato una vita all’aria aperta, libera da vincoli e confini, un volo libero che alterni solitudine e gioco in un continuo scambio e incontro fluido con altri individui, con alcuni dei quali si ha voglia di volare insieme in un’incredibile danza per un lungo tratto di strada, per poi ritrovarli magari più avanti, e con altri il cui incontro è solo occasionale ma comunque fonte di godimento; in ogni caso in una dimensione di totale libertà e assenza di restrizioni imposte.

Questa è l’immagine di un mondo senza gabbie, un’aspirazione e una direzione a cui tendere, da cui purtroppo, tuttavia, siamo ancora molto lontanx. Nei giri anarchici sono poche le persone che hanno anche solo cominciato a mettere in discussione i modelli di relazioni dominanti nella società, come la coppia, e ancora meno quelle che aspirano a una liberazione ancora più estesa di quella mezza libertà fornita dalla gestione collettiva di “relazioni libere” che in realtà assomigliano ancora troppo spesso a una molteplicità di unità di coppia che necessitano di continue trattative per aprirsi. Siamo come uccelli nati in cattività, rimasti troppo a lungo in gabbia, i nostri arti e le nostre ali sono intorpiditi dalla scarsità di movimento, e necessitano di una lunga riabilitazione per rafforzarsi e imparare a volare.

Sappiamo bene che ogni struttura contenitiva, ogni istituzione, ogni gabbia è un ostacolo al perseguimento del nostro desiderio di libertà, ma tendiamo spesso a forgiarci da solx le nostre stesse catene. Allora la lotta contro le istituzioni di reclusione, come le carceri, gli allevamenti, gli istituti psichiatrici, la famiglia, la religione, lo scientismo, i centri di detenzione per migranti, con le loro rispettive ideologie, dovrebbe includere anche una riflessione sulle nostre relazioni e sulle strutture che servono a contenere la fluidità del nostro desiderio per incanalarlo in forme produttive e intelligibili, portandoci a negoziare misure di austerità per fare fronte alla scarsità di affetto, amore, intimità, supporto emotivo che regna nel nostro mondo di relazioni.

Il testo che segue offre spunti di riflessione importanti su come le nostre relazioni sentimentali, sessuali e affettive interagiscano con il nostro “mondo condiviso”, la nostra rete più estesa di amicizie, complicità e affinità in un contesto di lotta al sistema. Ogni relazione che instauriamo è unica e insostituibile, e questa è proprio la sua bellezza, mentre deformare l’unicità in esclusività rende la relazione e il termine stesso sinonimo di escludente. Proprio nel coltivare una molteplicità di relazioni uniche, piuttosto, possiamo trovare la chiave per decostruire quei sentimenti di codipendenza, gelosia e insicurezza che ci portano ad instaurare abitudini e aspettative nocive e ad avanzare pretese di controllo e possesso nei confronti delle persone che amiamo, amicizie comprese. Pretese che includono la negoziazione delle forme di intimità che le persone con cui abbiamo una relazione desiderano e instaurano al di fuori della nostra sfera condivisa, la quantità e la qualità di tempo che l’altra persona può dedicarci, la scarsa flessibilità nell’accettazione dei cambiamenti che possono intercorrere nella relazione, la gelosia rispetto ai nuovi progetti o le nuove persone che l’altra persona accoglie nella sua vita. Se valorizzassimo maggiormente ogni nostra relazione, che sia di amicizia, amore, sesso o comprendente una miscela diversa tra questi fattori, aprendoci all’idea che il supporto emotivo, l’amore e l’intimità possono distribuirsi in maniera più fluida nelle nostre diverse interazioni, forse non sentiremmo così il bisogno di idealizzare e porre su un piedistallo una persona soltanto, trascurando le nostre altre amicizie, per scoprire un giorno di avere attorno un deserto relazionale. Se lasciassimo da parte le etichette e le definizioni che tendiamo ad associare ai diversi tipi di interazione e relazione che instauriamo con le persone importanti della nostra vita, forse ci sentiremmo più liberx di sperimentare forme diverse di connessione fisica ed emotiva senza paura che questo implichi cambiamenti drastici nel tipo di rapporto che abbiamo con quelle persone e con le altre che quelle persone a loro volta frequentano. Se ci aprissimo maggiormente alla possibilità di sperimentare diverse forme di intimità con le persone che amiamo, ovviamente sempre in maniera consensuale, potremmo smitizzare un po’ il sesso, che spesso è l’unica forma di contatto fisico legittimata nelle nostre relazioni, ma solo in alcune, mentre tutte le altre, anche alcune delle nostre amicizie più strette, rimangono relazioni tra “teste pensanti”, in cui il corpo è quasi assente. Se il gioco e l’esplorazione sessuale fossero maggiormente condivisi, in un’ecologia di abbondanza anziché di scarsità, sarebbe più semplice goderne senza tutte le implicazioni che siamo solitx associare alla sessualità, a cui spesso ci si apre solo in concomitanza con un sentimento di innamoramento o in una dimensione di rapporti occasionali con persone di cui non ci interessa realmente. Una maggiore apertura all’esplorazione dell’intimità potrebbe anche aiutarci a liberarci da quello schema ricorrente in cui il sesso, quando entra in scena in una relazione, diventa una sorta di spartiacque, porta di accesso a un legame stabile e all’instaurazione di una sorta di contratto implicito che legittima forme di controllo sull’altra persona.

La proposta di mettere in discussione le dinamiche di coppia in cui spesso abbiamo tendenza a ricadere, per tendere direttamente alla creazione di una rete di relazioni libere e fluide, può sembrare un salto nel vuoto: significa saltare a piè pari tutte quelle forme di relazioni “più libere”, che però non si sganciano totalmente della struttura della coppia, come le relazioni non esclusive, le coppie aperte, e perfino il poliamore. Queste forme includono ancora numerose dinamiche di gestione e controllo, per quanto queste siano concepite per rispondere a un desiderio di benessere e sicurezza delle persone coinvolte. Ma l’idea che una gestione collettiva e negoziata delle forme di relazione e intimità intrattenute dalle persone che amiamo possa risolvere o quantomeno contenere il nostro modo tossico di relazionarci, i nostri sentimenti di gelosia e possessività, e l’idea spesso radicata in noi che, in fondo in fondo, deteniamo una qualche sorta di diritto nei confronti dell’altra persona, non ci libera da quelle dinamiche di controllo. E non risolve in alcun modo quelle paure (di abbandono, di morte, di solitudine), quelle insicurezze, che dovremmo affrontare e gestire assieme alla nostra rete estesa di amicizie e supporto emotivo anziché riversarle, come spesso avviene, all’interno della relazione di coppia, con tutta la pesantezza che questo comporta.

Lanciamo quindi una proposta, indirizzata ovviamente solo a quelle persone che la sentono riverberare dentro di sé, non come imperativo: ognunx valuterà da sé quali sono le forme relazionali che risuonano con il proprio sentire, e come queste forme interagiscano con la propria rete più estesa di relazioni di affetto e amicizia. Quello che proponiamo, ovvero la creazione di una galassia di relazioni davvero libere, attente alla cura dei sentimenti e del benessere di tutte le persone coinvolte, ma che provino a distruggere la forma escludente della coppia ed eludano completamente il passaggio attraverso regole, paletti, pretese di limitazione dell’altrui libertà, è sicuramente un salto più lungo della gamba, nel senso che non c’è dubbio sul fatto che cadremo tante volte, e ci faremo del male. Ma d’altronde, chi di noi ha mai pensato che il cammino verso la libertà fosse un sentiero semplice e agevole? L’esperienza ci insegna piuttosto che è un’avventura irta di ostacoli, bellissima e dolorosa, con picchi di gioia ma anche di difficoltà, e che è proprio in questa intensità di emozioni che si crea l’anarchia, che godiamo della vita nella sua intensità, piuttosto che all’interno di una gabbia dorata piena di decorazioni e di buone intenzioni ma che resta pur sempre… una gabbia.

Ci piacerebbe intraprendere un viaggio con un orizzonte limpido riflesso negli occhi, consapevoli che non ci arriveremo domani e forse mai, ma godendo di ogni scoperta e momento di gioia che incontriamo su quel cammino, e determinatx a rialzarci e ripartire ogni volta che inevitabilmente cadremo e ci faremo male. Cominciando dal “denaturalizzare” quelle dinamiche di coppia che spesso sono talmente scontate che non riusciamo nemmeno a vederle, per aprire lo sguardo alla nostra rete più ampia di relazioni, e valorizzare davvero quella ragnatela di affetti senza permettere che la forma della coppia cementi una separazione e un muro tra le nostre diverse relazioni, imponendo un ripiegamento all’interno di un’unità e una conseguente esclusione del mondo esterno.

Se la nostra rete di amicizie e affinità corrisponde anche alla comunità con la quale ci prefiggiamo di resistere e contrastare l’incubo di questo mondo civilizzato, la tensione verso una diversa ecologia delle relazioni è anche un impegno verso la creazione di una cartografia più estesa di affetti, amicizia e supporto emotivo che ci sono indispensabili nel difficile percorso di lotta in cui abbiamo deciso di trasformare le nostre vite. Il modello coppia monogama / nucleo familiare è il luogo di riproduzione dei ruoli e delle norme di genere, ed è funzionale unicamente a una vita inserita negli ingranaggi del produttivismo capitalista. Chi aspira alla libertà e si sente prontx ad affrontare i rischi e i pericoli connessi al suo perseguimento (come la repressione e il crollo di molte delle proprie certezze) ha bisogno di iniziare a pensare a modelli relazionali completamente differenti. Auspichiamo l’apertura di una dimensione collettiva di discussione sull’anarchia relazionale e in generale su modalità di relazioni libere scevre dal modello della coppia, di modo che le discussioni su questi temi non rimangano circoscritte alle persone coinvolte direttamente in una determinata relazione o a una ristretta cerchia di amicx, a ricalcare lo stereotipo che si tratti di una “questione privata”.

Uccidi la Coppia nella tua testa

In questo testo vogliamo parlare di come coloro che attaccano lo stato ricreano e rafforzano il suo potere partecipando alle sue istituzioni intime, nello specifico la Coppia, tramite il genere, la Famiglia e il Sesso.

Qualsiasi trasgressione della normalità – qualsiasi minaccia all’ordine delle cose – deve essere pacificata e incorporata; le correnti sovversive vengono rapidamente incanalate, e rivendicate, da movimenti che chiedono l’uguaglianza o il riconoscimento da parte dell’autorità. Vediamo le persone anarchiche e quelle queer reagire le une contro le altre in questo senso: le persone queer reagiscono contro il culto del militante patriarcale incarnato così spesso dall’anarchismo, svalutando l’attacco e valorizzando il ‘lavoro emotivo’ e l’identità; dall’altro lato, le persone anarchiche reagiscono a questa reazione valorizzando le relazioni sociali normative e svalutando il terreno (femminilizzato) dell’emotività, dell’intimità, del “privato”.

Quello che proponiamo è un approccio trasversale che rigetti quest’inutile stallo e miri ad attaccare l’autorità su tutti i livelli – da quello intimo a quello strutturale – nella consapevolezza che è nell’interesse del potere mantenere l’idea che il modo in cui ci controllano e il modo in cui ci controlliamo a vicenda siano due questioni separate. Vogliamo affrontare questi fenomeni – il genere, la Famiglia, la Coppia, il Sesso – concependoli come forme o istituzioni che catturano i nostri desideri e le nostre energie. Il nostro desiderio di compagnia e coinvolgimento viene risucchiato nell’istituzione della Coppia e della Famiglia. Le nostre energie erotiche vengono catturate dall’istituzione del Sesso. Il genere viene riprodotto attraverso la violenza di queste istituzioni. Vogliamo capire il funzionamento della prigione così da poter inscenare un’evasione, senza dar vita a nuovi standard morali sottoculturali in vista di un soggetto anarchico superiore. Tuttx noi siamo statx catturatx nelle trappole di queste forme sociali, non è una questione di purezza.

Inizieremo parlando del sé, del modo in cui consideriamo noi stessx e di come questo si connetta con le nostre amicizie. All’interno della società veniamo concepitx come soggetti atomizzati in una rete che comprende altri soggetti atomizzati. Da questo punto di vista, siamo soggetti della società che creano relazioni, amicizie, Anarchia. Queste attività sono accettabili come hobby o passatempi ma non possono mettere in discussione o minacciare le mura che circondano il nostro senso del sé, un senso del sé che si limita a un “Io” atomizzato concesso all’interno di una rete di altri “Io” atomizzati, ovvero la società dominante. Ci viene fatto credere che i nostri infiniti desideri e potenziali si debbano limitare a plasmare e mantenere il nostro marchio unico di soggettività, un ridecorare le pareti del cubicolo-bara in cui siamo rinchiusx fin dalla nascita.

Questo senso del sé è alla base della cosmologia razionalista, che è la religione ufficiale dello stato secolare. Gran parte della tradizione anarchica eredita e accoglie acriticamente questo razionalismo. Si tratta di un retaggio europeo che divide il mondo in binarismi – soggetto/oggetto, mente/corpo, civilizzazione/natura, sé/altrx – e che riconosce come reali soltanto quegli aspetti che possono essere misurati con strumenti da laboratorio. Parlo di cosmologia perché credo che il dominio prenda avvio con il modo in cui concettualizziamo noi stessx e il nostro posto nell’universo. Questa cosmologia totalizzante non lascia spazio all’esistenza di altri mondi, e quindi richiede e allo stesso tempo facilita il colonialismo, il genocidio, la schiavitù e la generale mortificazione dell’esistenza.

Sperimentare cosmologie sovversive minaccia le fondamenta di questo ordine civilizzato. Per farlo dobbiamo concepire noi stessx e le altre persone come parte di una ragnatela di relazioni, di complicità potenziali. Anziché situare la verità fondamentale della nostra realtà nel nostro Io atomizzato e immutabile, possiamo provare a concepire la nostra realtà come caratterizzata dal costante cambiamento, lasciare che i nostri confini vengano destabilizzati e il nostro ‘io’ si espanda nell’accogliere complicx nella nostra rete – un mondo senza oggetti. Vogliamo liberarci dal modello economico, che vuole che ci consideriamo a vicenda attraverso la lente del valore di scambio, con la Coppia e la Famiglia come unità produttive, e immergerci invece senza paura in un’ecologia vitale di esseri viventi basata sulla reciprocità e il dono. Una cosmologia sovversiva è una pratica, non un’ideologia alienata o un ‘sistema di credenze’.

Non ci interessa criticare le decisioni individuali rispetto a come ci muoviamo nella società, dire che chiamare una persona “compagna” sia meglio che chiamarla “fidanzata”, o che dovremmo tuttx vivere in una grande casa senza pareti o cose del genere. Siamo stanchx delle limitazioni poste dalla cornice morale con cui giudichiamo le nostre reciproche scelte riguardanti l’amore e il sesso. Ci interessa piuttosto comprendere le istituzioni, le forme e le disposizioni mentali ed emotive che strutturano il nostro mondo e garantiscono che siamo noi stessx a reinventare di continuo il nostro stesso dominio. Soltanto così possiamo distruggerle. La creazione di un linguaggio condiviso ha valore solo nella misura in cui riflette un sincero impegno condiviso ad attaccare queste forme insieme alle persone amiche, allx nostrx antenatx e a noi stessx. Siamo nemicx di quel tipo di linguaggio che mira a ottenere riconoscimento o a creare significato all’interno delle forme e delle istituzioni della società.

Vogliamo abbandonare le strutture che nel presente mediano la vita intima. Non stiamo parlando di adottare una nuova forma o ideologia, pensiamola piuttosto come una tensione costante, senza uno sbocco utopico, come un modo di vita che si pone in conflitto con queste istituzioni e con le modalità infinite attraverso cui queste si impongono su di noi. Ci focalizzeremo sulla dimensione psichica della Coppia – sulle modalità attraverso cui le nostre paure e insicurezze vengono manipolate dal mondo attorno a noi, a livello tanto sociale quanto intimo, per spingerci a cercare rifugio in quella gabbia. In ogni caso la dimensione psichica è inseparabile da quella materiale – le nostre paure di abbandono sono legate alle minacce costanti di reale indigenza, povertà e violenza che spesso ci sospingono in legami obbligati di codipendenza e ci rendono impossibile abbandonarli. Ma fin dall’avvento della povertà le persone indigenti hanno anche sperimentato forme creative di autosostegno materiale, dalle famiglie allargate intergenerazionali alla riappropriazione delle terre, e il movimento anarchico negli ultimi due secoli ha dato vita a reti di solidarietà e mutuo aiuto per fare fronte alle carenze materiali. Fare parte di queste reti ci permette di condividere maggiormente le nostre vite e le nostre risorse al di là della Coppia, e di avere un numero maggiore di posti in cui andare quando la Coppia ci delude. Se vogliamo bandire la Coppia, dobbiamo coltivare e sostenere questi modi di vivere. Queste reti sono più ricche e trasformative quando emergono da affinità e complicità estese piuttosto che da gerarchie strutturate intorno alle unità di Coppia o a culti della personalità. La lotta per liberarci dai vincoli dalla Coppia che intrappolano il nostro immaginario va di pari passo con la lotta per distruggere le strutture materiali che ci intrappolano in vite che non sono nostre. Cambiamo le nostre vite per agire, agiamo per cambiare le nostre vite.

Parleremo per prima cosa del perché vogliamo distruggere il genere anziché espanderlo, riappropriarcene o affermarlo. Di fronte alla forza omogeneizzante della civilizzazione che ci appiattisce tuttx in soggetti di genere, la differenza è la nostra arma più potente. Tra di noi c’è un’infinita diversità. Ridurre tutta questa diversità alle categorie di uomini e donne / maschi e femmine richiede un’incredibile violenza fin dal momento della nostra nascita. Sostenere che il binarismo sessuale sia una realtà biologica oggettiva è una delle grandi bugie su cui si basa l’incubo in cui viviamo. Sappiamo che ognuno dei nostri corpi è unico, e che ognunx di noi, per fare un esempio, ha diverse proporzioni di estrogeno e testosterone. Per mantenere la grande bugia operano lx bambinx senza il loro consenso, mutilano i loro corpi, perché la loro stessa esistenza svela la bugia e quindi deve essere cancellata.

Per lo stesso motivo, dire che le persone con la vagina sono donne e che le persone con il pene sono uomini è un’imposizione dall’alto che richiede una violenza costante per essere mantenuta. Richiede anche un autodisciplinamento dei nostri corpi per farli rientrare in quel binario, in modo che le donne possano riprodurre se stesse come oggetti sessuali per gli uomini.

Anche il mantenimento della categoria di uomo richiede una disciplina costante. Le persone determinate a essere uomini vengono addestrate a essere una forza sociale poliziesca che difende questo ordine patriarcale con la violenza. Ci stuprano, ci uccidono, ci picchiano – per ricordarci che siamo donne e per ricordare a se stessi di essere uomini. E nella rara circostanza in cui vengono sbattuti in galera per quello che ci fanno, sono altri stupratori e assassini a tenere in mano la chiave. Devono mantenerci in questo binario uomo/donna per riprodurre tutte le istituzioni che permettono il funzionamento di questo mondo coloniale – il lavoro, la famiglia, la coppia –, per continuare a farci lavorare e riprodurre la loro forza lavoro, per produrre e disciplinare altri corpi da sfruttare e violentare. L’altra grande bugia, quella della razza come realtà biologica, è connessa fin dal principio alla bugia del genere: attraverso la schiavitù e il colonialismo, la costruzione storica di soggetti razzializzati e genderizzati ha schematizzato i corpi in binarismi per rendere più semplice il loro controllo.

Hanno bisogno di ridurci alle categorie che loro stessi hanno creato, perché per controllarci devono capirci. Le nuove identità di riconoscimento che creiamo vengono neutralizzate e convertite in nuove categorie di controllo, incorporate in nuovi mercati commerciali. È per questo che oggi abbiamo poliziottx, padronx e proprietarx che sono queer e trans. Se è vero che cercare riconoscimento dall’alto è una trappola, dobbiamo però supportarci a vicenda nelle diverse strategie e strumenti che adottiamo per sopravvivere a questo incubo, come cambiare il nostro pronome o il nostro corpo. Per poter costruire la fiducia necessaria ad attaccare insieme, dobbiamo sentire che le altre persone ci vedono per quello che siamo. E vedendo davvero lx nostrx compagnx, essendo vistx dallx nostrx compagnx, possiamo creare un tipo di libertà intersoggettiva, un carburante per il nostro fuoco collettivo.

Sono sempre esistite persone che hanno rigettato quest’incubo e rifiutato di vivere all’interno dei suoi confini. Le relazioni di affinità e la solidarietà attiva con le lotte indigene antiautoritarie possono insegnarci modalità diverse di concepire noi stessx, non imposte da chi è al potere, come dimostrato dalle molte persone che non si definiscono in base al binarismo uomo/donna. Queste persone dissidenti sono state attaccate dallo stato con tutta la sua violenza organizzata, sono state confinate nei campi di concentramento, nelle riserve e nelle scuole residenziali, sono state incarcerate e uccise per aver trasceso l’ordine stabilito. E questo riguarda l’intero mondo coloniale, in cui tutte le altre visioni del mondo lottano contro i tentativi di annientamento e assimilazione.

Il genere viene creato attraverso le istituzioni della Famiglia e della Coppia. La società ci costringe a incanalare la nostra intimità all’interno di questi contenitori produttivi per impedire la formazione di complicità più estese. La Famiglia è stata ampiamente criticata nel discorso anarchico, così come il matrimonio, ma la Coppia è in gran parte sfuggita alla critica, con la conseguenza che continua a modellare il modo in cui ci relazioniamo e a limitare le affinità potenziali.

La Coppia ci separa da noi stessx e dalla nostra rete vivente di relazioni, confinando la cura, il supporto materiale ed emotivo, l’affetto e l’intimità all’interno di questa unità codipendente. Quella che chiamiamo “La Coppia” non è altro che controllo reciproco, gestione e autorità. È un’estensione della logica coloniale di privatizzazione della terra, un’oggettivazione delle nostre relazioni intersoggettive. Ovviamente l’amore che condividiamo o abbiamo condiviso all’interno delle coppie non lo si può ridurre a questa forma, ma la forma in sé serve a catturare l’amore e il desiderio liberi e a distorcerli in qualcosa di produttivo per la società – un’unità intelligibile che si possa controllare facilmente. La Coppia risponde allo stesso obiettivo del matrimonio, anche se non è codificata legalmente – ma questa è una flessibilità permessa nell’era cibernetica. La Coppia prende il soggetto atomizzato e lo fonde con un altro producendo una singola unità atomizzata con due facce. La nostra autostima, inseparabile dal nostro successo nel rispondere alle aspettative di genere, dipende dalla nostra desiderabilità – il nostro valore è determinato da quanto bene riusciamo a fonderci in un’unità.

La narrazione della Coppia ci dice che un altro essere può completarci, rendere un tutto quello che è incompleto. È ancorata alla sfera privata ‘femminilizzata’ della casa e dipinge come un tradimento vergognoso la ricerca di supporto o intimità al di fuori dell’unità. Non appena si stabilisce un contratto di Coppia, la Relazione diventa un affare privato, viene rimossa chirurgicamente dalle amicizie in cui prima era incorporata, e viene esentata dalle critiche che per il resto applichiamo alle nostre vite condivise.

Una prova del nove della Relazione: potete distruggere una dinamica o un modello nocivo senza uccidere la vostra relazione di amicizia? potete rompere con un certo modo di essere o di relazionarvi che non vi è utile, e rimanere amicx, in maniera nuova e diversa? Se queste due cose sono inscindibili, se ucciderne una significa che l’altra muore insieme ad essa, può voler dire che siete in una Coppia.

Moltx di noi hanno perso amicizie a causa delle Coppie, siamo statx messx da parte nel momento in cui l’ordine predefinito delle cose ha trovato uno sbocco. In genere questo tipo di tradimento non viene visto come significativo, se mai viene riconosciuto. Quantx di noi sono statx spintx al margine in un ruolo di supporto allx protagonistx romanticx – e si sono sentitx come una strana intrusione nella sceneggiatura, uno stratagemma imbarazzante e disperato per contare qualcosa? Ci si aspetta che accettiamo che i legami di amicizia vengano allentati e ripresi in base ai capricci della Coppia – i suoi conflitti, le rotture e le riconciliazioni. Nel momento stesso in cui oppongo resistenza al mio declassamento da confidente e compagna a occasionale appuntamento per un caffè, mi rendo conto che i miei pensieri su come lx Partner si stanno trattando a vicenda, sulle scelte che stanno facendo all’interno della loro Coppia, non sono i benvenuti. Non sono affari miei. Abbiamo visto troppe dinamiche di abuso agire nelle Coppie, e culminare in rotture traumatiche che hanno spaccato interi gruppi e ambienti più allargati, a causa dell’incapacità di affrontare criticamente in maniera collettiva le dinamiche e i comportamenti che si verificano all’interno dell’unità di Coppia.

Siamo statx nutritx fin dall’infanzia con la storia dell’Amore Romantico, grazie a Disney e a racconti popolari su fate che seminano il caos deformati in storie di eroi che salvano principesse, e che terminano sempre con un matrimonio o almeno un grande bacio eterosessuale. Pensiamo sia significativo guardare all’etimologia della parola Romance [storia d’amore]: “una storia, scritta o 15 recitata, che narra le avventure di un cavaliere, eroe, ecc., spesso concepita principalmente per intrattenimento”, dal francese antico romanz.

Il ruolo sociale dell’Amore Romantico è simile a quello dello spettacolo, nella misura in cui fornisce una tecnologia che crea dipendenza e rafforza una rete di corpi-schermi funzionale al potere. Può essere visto come la manifestazione intima dello spettacolo, l’appiattire un altro essere individuale in un’immagine di proiezioni. Quando vedi un’altra persona come la tua altra metà, in realtà non la stai vedendo.

Trovo che questo passaggio da Attakattak, tradotto sul primo numero di The Local Kids, faccia una bellissima distinzione tra l’amore libero e la chiusura dell’Amore Romantico:

Non ci sarò sempre, forse non ti amerò sempre esattamente come vorresti, non sarai tutto per me e non sarò tutto per te. Ma ho abbastanza fiducia in quello che sei da sapere che il tuo essere mi sarà sempre caro perché è meravigliosamente unico e insostituibile. La vita senza di te non sarebbe impossibile, sarebbe terribilmente più vuota e grigia. Come una vita sempre e solo con te sarebbe crudele per me. Ma c’è un instabile equilibrio tra la nostra promessa, quel senso di eternità e i nostri desideri di altri luoghi e di libertà, quell’equilibrio è il nostro desiderio di amarci.

Spesso alle persone anarchiche piace ingannare se stesse pensando di essere sfuggite alle grinfie della Coppia facendo proliferare la sua logica – il poliamore viene scambiato per amore libero. Non siamo d’accordo. Questa struttura lascia intatta la forma della Coppia e crea un’intera economia di energie e affetto per gestirla. Il poliamore è monogamia neoliberista. Sono emersi innumerevoli modelli con un nuovo marchio, ansiosi di adattare la logica del controllo intimo al libero mercato queer suggerendo che possiamo trovare la liberazione nell’espansione delle nostre sfere di controllo e dominio. Il modello dellx “partner primarix”, con lx loro “secondarx”, è una gerarchia facile da criticare, ma la logica fondamentale del poliamore è che ognunx di noi ha una quantità finita di energia (cioè amore) che deve essere distribuita in base a negoziazioni all’interno delle rispettive unità di coppia. Siamo tuttx gestorx nella cooperativa di lavoro dell’amore! L’idea che io possa affrontare la gelosia dell’altra persona gestendo la mia relazione con qualcunx altrx è un modo conveniente per evitare di affrontare la paura della morte e dell’abbandono con cui tuttx lottiamo a causa della scarsità imposta e del reale isolamento sociale che viviamo.

Un’altra posizione reazionaria – quella della zoccola emancipata, un’unità autosufficiente di una singola persona che si dà agli appuntamenti e alla ricerca di partner sessuali occasionali – fallisce nel mettere in discussione l’organizzazione della società dominante. Nel paradigma delle avventure sessuali, è visto come accettabile scopare solo con persone a cui non teniamo particolarmente, verso cui non nutriamo reale rispetto o fiducia. È fondamentale qui mettere a fuoco l’impulso che ci muove: un desiderio di connessione e condivisione di intimità con persone al di fuori dei nostri ambienti per espandere e trasformare il nostro mondo oppure un desiderio di mantenere le nostre amicizie separate dallx nostrx amanti così da poter schivare la responsabilità per le nostre azioni? La pratica di ‘non frequentare o andare a letto con persone del nostro giro’ può essere particolarmente brutta se serve a separare le persone con cui scopiamo dalle persone di cui ci interessa l’opinione, per impedire a queste di esprimere critiche sulle nostre azioni. Proposta come un modo per evitare le disastrose conseguenze sociali delle rotture che sabotano il potenziale condiviso, questa pratica può essere interpretata come un approccio ‘non cagare dove mangi’ – nel senso che si possono trattare nel modo che vogliamo lx nostrx partner intimx e amanti fintanto che non sono parte del nostro mondo.

Propongo di cominciare denaturalizzando collettivamente tutte le dinamiche di Coppia. È considerato normale che unx partner intimx abbia influenza sulle persone con cui condividiamo l’intimità. È vista come una questione che dovrebbe essere negoziata all’interno della Coppia, perché è nostro compito come Partner gestire gli affetti l’unx dell’altrx. Cosa succederebbe se buttassimo via tutta questa struttura e fossimo costrettx a guardare cosa sta dietro a questa dinamica?

Dire semplicemente “Non mi interessa con chi scopi, fai quello che vuoi” non è una soluzione. Siamo parte di una rete, di un gruppo. Lx nostrx amicx portano nei loro mondi persone che hanno un impatto sul nostro mondo condiviso. Ma è molto più difficile, incasinato e fruttuoso approcciare queste dinamiche da una posizione di cura per le nostre amicizie, per la nostra ecologia e per il nostro potenziale condiviso che da un luogo di controllo che passa per la gestione e la burocrazia all’interno di una Coppia. Se una persona che amo comincia a dare il suo amore a qualcunx che la tratta male, è una questione che decisamente mi riguarda, come riguarda il resto dellx nostrx amicx. Ed è sua responsabilità considerare gli effetti che produce il portare questa persona nella sua vita, nel nostro mondo. Allo stesso modo, quando unx dellx nostrx amicx o complicx tratta di merda lx sux partner intimx, questo ci riguarda. Quando accettiamo questo impegno condiviso, siamo costrettx ad affrontare le dinamiche di fondo che informano le nostre decisioni – la paura di non essere desiderabilx, del cambiamento, dell’invecchiamento, della solitudine, e le aspettative di genere.

Non sto proponendo di reprimere le emozioni che possono attraversarci come la gelosia, ma piuttosto di riconoscere che queste emozioni non sono situate all’interno della Coppia, ma di noi stessx, e possono essere davvero risolte solo all’interno della nostra rete di fiducia.

Naturalmente questo non deve far pensare che stiamo suggerendo di sottoporre il nostro amore e i nostri affetti all’approvazione di un comitato di verifica informale. Le idee comuniste e liberali di responsabilità comunitaria che cercano di applicare gli schemi della giustizia e dell’uguaglianza alle nostre amicizie amorose non ci rendono più liberx, ma al contrario apportano alle nostre vite già abbastanza soffocate un ulteriore livello di controllo e gestione. Non sto suggerendo di mettere sotto il microscopio ancora più aspetti delle nostre vite o che dobbiamo andare tuttx d’accordo e collaborare per il bene della Rivoluzione. Ognuna delle nostre relazioni è diversa, non hanno tutte la stessa intensità o lo stesso posto nel nostro cuore, e questo va bene – appiattire le nostre relazioni in una falsa omogeneità ci porta solo a ingannare noi stessx.

Ma di fronte alla spinta sociale a concepire le nostre relazioni all’interno di un’economia di scarsità e a negoziare misure di austerità, possiamo invece diffondere un’idea anarchica di espansività sociale. Di fatto, dare amore liberamente espande il nostro cuore e la nostra capacità di amare le altre persone. Se siamo sempre in relazione con tutto quello che ci circonda, cos’è una Coppia? È un contenitore che prende qualcosa di vivo, fluido e in continuo cambiamento, e lo trasforma in oggetto, lo congela. Questo è applicabile anche rispetto a come pensiamo all’anarchia – non appena le nostre relazioni, il nostro amore, la nostra lotta vengono quantificati, diventiamo dei morti viventi. Liberare il nostro amore, il nostro affetto intimo, dai vincoli della Coppia rende possibile una cosmologia sovversiva basata su un senso di sé in espansione.

La forma della Coppia può occupare e prendere il controllo di qualsiasi relazione, perfino di quelle che consideriamo come amicizie ‘platoniche’. Questa dinamica scaturisce spesso dal legame che si crea a partire da un trauma condiviso, dando vita all’isolamento codipendente. Alcune delle mie relazioni più di Coppia sono state “coppie di potere” platoniche anarchiche che si sono formate attraverso il trauma condiviso del tradimento di unx infame, la morte di unx amicx, la carcerazione di compagnx. E ognuna di queste ha portato alla rottura, quando gli schemi relazionali sono diventati troppo tossici per essere risanati. Criticando la forma nella sua interezza, speriamo di evitare false soluzioni semplici come l’incolpare certe relazioni particolarmente tossiche ed esentare le altre. Sviluppare la consapevolezza di tutti i modi in cui questa forma controlla le nostre vite può permetterci di riconoscere e rilasciare costantemente gli elementi della Coppia quando essi si insinuano nelle nostre relazioni e coltivare gli elementi di amore libero e interdipendenza.

Quando per la prima volta si entra in contatto e si sperimenta con un’etica anti-Coppia, l’istinto naturale è quello di metterla a confronto con le proprie relazioni amorose del momento. Questa spinta ha decisamente senso, dal momento che chiunque condivide i valori qui esplorati avrà probabilmente già messo grande impegno nel liberare il proprio amore dalle catene della gerarchia e del controllo. Abbiamo tuttx percepito e sperimentato quanto le cose siano sbagliate, anche soltanto a un livello intuitivo che dobbiamo ancora scoprire come trasporre nella pratica. Tuttavia, se queste idee vengono prese soltanto come una mappa alternativa per le relazioni romantiche, non stiamo cogliendo il punto e rischiamo di invisibilizzare l’incursione della Coppia nelle nostre relazioni affettive, di facilitare la negazione con un nuovo gergo. Perché funzioni, deve trattarsi di un impegno non solo verso lx nostrx partner intimx, ma verso tuttx lx nostrx amicx e noi stessx. Rifiutare di permettere alla Coppia di avvolgere i suoi fili intorno alla nostra vita significa rifiutare di districare le relazioni che abbiamo con le persone con cui scopiamo o di cui ci innamoriamo dalla nostra ragnatela di amicx e complicx; significa prendersi l’impegno di onorare e dare la priorità ai sentimenti unici e alla fiducia in ognuna delle nostre singole relazioni.

Al tempo stesso, dovremmo anche essere criticx nell’integrare automaticamente i nuovi amori in un ambiente o in un gruppo. Le forme di fiducia condivise con l’intimità fisica e quelle della complicità anarchica sono uniche e devono essere coltivate e valutate ognuna secondo i propri termini.

Sto sperimentando con queste modalità da diversi anni. In un certo senso, non è cambiato nulla – sono statx risucchiatx in una relazione di profonda codipendenza, a tratti comprendente forme di abuso, relazione in cui unx carx amicx ha distorto il suo amore per me in una fissazione che poteva utilizzare per evitare di confrontarsi con il suo passato. Il mio amore per quella persona è stato a sua volta distorto da un risentimento amaro per quella trappola che lei criticava con veemenza e in cui poi continuava a ricadere. Ci sono già passatx, è una storia vecchia e dolorosa. In un altro senso, è cambiato tutto – ho avuto una chiara visione di quello che volevo nella nostra amicizia, nulla di diverso dai valori condivisi di libertà individuale e collettiva e antiautoritarismo che di solito si riferiscono al contesto delle Coppie. Quando la nostra amicizia si è allontanata da questi valori sono statx in grado di riconoscerlo e intervenire, quantomeno rifiutando di coinvolgermi, qualcosa che è spesso inconcepibile all’interno della Coppia. Quando il mio dolore si è trasformato in risentimento, sono statx in grado di rendermene conto e di fare autocritica delle mie azioni in quanto tali, di chiedere scusa quando sentivo di avere agito nel modo sbagliato e di cambiare comportamenti che non riflettevano i miei principi, invece di giustificare i miei comportamenti sulla base di come l’altra persona mi stava trattando. Sono riuscitx a riconoscere il male che ci stavamo facendo senza normalizzarlo come parte integrante delle relazioni amorose. E quando, tragicamente, ho sentito che la sua paura che io lx lasciassi aveva eclissato il suo amore per me, sono statx in grado di andarmene. Anziché vivere sotto il peso di un ultimatum – stare insieme o lontanx; anziché interiorizzare il suo terrore di essere abbandonatx e rendere il suo percorso di risalita una mia responsabilità, incolpando me stessx per la sua sofferenza, sono statx in grado di fidarmi di quella persona e dellx nostrx amicx abbastanza da andarmene. Sono statx in grado di vedere i miei bisogni e desideri autonomamente dai suoi e agire su di essi.

Invece di lasciarvi, un rituale: con una persona amata accendi un qualche tipo di fuoco, può andare bene una candela. Insieme pensate a tutti gli elementi della vostra relazione che sono formali, gerarchici, burocratici. Nominate ad alta voce l’unx all’altrx le parti della vostra amicizia che non vi servono: controllo, gelosia, competizione. Scriveteli e bruciateli nel fuoco. Ora pensate agli elementi del vostro amore che volete coltivare e far crescere: sfrenatezza, vulnerabilità, coraggio. Visualizzateli come ossigeno che nutre la vostra fiamma, che le permette di bruciare più intensamente. Ritornate a questo rituale tutte le volte che ne avete bisogno, non solo nei momenti di crisi ma come modo per mantenere intenzioni indomabili.

La Coppia viene spesso stabilita, tramite un contratto esplicito o in maniera implicita attraverso la restrizione dell’intimità, dal Sesso. Il Sesso è l’istituzione che recupera le nostre energie erotiche e la nostra corporalità e le codifica in un ordine simbolico, un linguaggio da copione e commerciale. Il gioco viene trasformato in lavoro. La compartimentazione della nostra sensualità in un atto specifico – separato dai nostri altri scambi sensoriali e da tutti i modi in cui condividiamo noi stessx con lx nostrx amicx – crea il Sesso come lo spazio negativo, inverso, del Lavoro.

Nel 1975, Silvia Federici ha scritto, in “Perché la Sessualità è Lavoro”:

In realtà, ogni comunicazione genuina ha una componente sessuale, perché i nostri corpi e le nostre emozioni sono indivisibili e comunichiamo sempre a tutti i livelli. Questo significa che ci è stata imposta una condizione schizofrenica, perché all’inizio della nostra vita dobbiamo imparare a tracciare una linea tra le persone che possiamo amare e quelle con cui parliamo soltanto, quelle alle quali possiamo aprire il nostro corpo e quelle a cui possiamo aprire solo la nostra ‘anima’, una divisione tra le nostre amicizie e i nostri amori. Il risultato è che siamo anime senza corpo per lx nostrx amicx e carne senza anima per lx nostrx amantx.

Dobbiamo distruggere questo confine tra corpo e anima, la menzogna fondante della razionalità, per liberare la nostra sensualità da questo ordine. Rigettando il Sesso, possiamo esplorare l’aprirsi di nuove possibilità se iniziamo a considerare le nostre energie erotiche come altre forme di sensazione e comunicazione che usiamo per condividere/espandere noi stessx. Questo ci permette di evitare di feticizzare il Sesso come elemento fondamentale per la liberazione, evitando di cadere in culti radicali del sesso come fecero alcunx membrx dei Weather Underground negli anni ‘70. Le mie esperienze con il lavoro sessuale rivelano con sorprendente chiarezza la cattura di gesti erotici in una transazione. Quei gesti, in un contesto esplicitamente commerciale, servono a reificare la nostra atomizzazione, consolidando un divario tra di noi. Quando condivido il mio corpo con unx amicx, faccio quello che a unx osservatorx esternx può sembrare esattamente la stessa cosa che faccio con il mio corpo insieme a un cliente; ma questo gesto non ha nulla in comune con l’altro, quella è un’avventura corporea nella fiducia, un passo nella nostra danza che dissolve il nostro stabile senso del sé.

Vogliamo fare una citazione da “Distruggere la sessualità”, un testo inviato anonimamente alla pubblicazione Recherches (numero speciale: “Trois milliards de pervers”) negli anni ‘70:

Vogliamo ritrovare le facoltà anche più elementari come il piacere di respirare, letteralmente soffocato dalle forze di oppressione e di inquinamento, il piacere di mangiare, di digerire, disturbato dal ritmo del rendimento e dal cibo schifoso prodotto e preparato secondo i criteri della redditività di mercato; il piacere di cagare e il godimento del culo, sistematicamente massacrato dal lesivo addestramento degli sfinteri attraverso cui l’autorità capitalista inscrive direttamente sulla carne i suoi principi fondamentali (rapporti di sfruttamento, nevrosi di accumulazione, mistica della proprietà e della pulizia, ecc.); il piacere di farsi una sega gioiosamente senza vergogna, senza angoscia, non per mancanza di compensazione, ma per il piacere di farsi una sega; il piacere di vibrare, di mormorare, di parlare, di camminare, di muoversi, di esprimersi, di delirare, di cantare, di giocare con il proprio corpo in tutte le maniere possibili. Vogliamo ritrovare il piacere di produrre il piacere, di creare, impietosamente schiacciato dagli apparati educativi incaricati di fabbricare nuovi lavoratori / consumatori a comando.

Vogliamo farla finita con ogni tipo di obbligo di dimora sessuale. Vogliamo che non ci siano più tra di noi degli uomini e delle donne, degli omosessuali e degli eterosessuali, dei proprietari e dei posseduti, dei maggiorenni e dei minorenni, dei padroni e degli schiavi, ma degli umani transessuali, autonomi, multipli; degli esseri dalle differenze variabili capaci di scambiarsi i loro desideri, i loro godimenti, le loro estasi, le loro tenerezze senza dover fare funzionare un qualche sistema di plusvalore, un qualunque sistema di potere, se non nella modalità del gioco.

Vogliamo spostare l’attenzione ora su come il genere e le norme sessuali abbiano un impatto e alienino l’anarchia. La tradizione insurrezionalista ci consiglia di rifiutare la specializzazione in favore del contagio sociale e della diffusione. Il ruolo dellx militante è quello del soldato – unx specialista della guerra. La tendenza anarchica a feticizzare la militanza e a creare una cultura di stoicismo machista pretende che svalutiamo il suo opposto – la casa con il suo terreno di emozionalità femminilizzata. Per abbattere questo binarismo, proponiamo di adottare un’etica guerriera. L’etica guerriera incorpora la dimensione spirituale del conflitto, valorizzando i rituali condivisi per prepararsi al rischio di morire e per essere riaccoltx tra le braccia dellx proprx amicx. Permette una visione olistica della lotta, che comprende guaritorx, custodx del focolare, cantastorie e combattentx – a seconda delle circostanze e dei propri desideri è possibile circolare fluidamente tra questi ruoli di lotta, perché sono tutti necessari per creare mondi sulle rovine di questo. Non vogliamo agire come soldati sotto la bandiera nera.

Il nostro sistema nervoso è in totale chiusura rispetto alle sensazioni se si sente perennemente sotto minaccia, e questo porta a sintomi che identifichiamo come risposte al trauma – sovreccitazione, torpore, insonnia, dissociazione, depressione. Gli uomini vengono educati a essere stoici o ‘duri’ per essere pronti al conflitto, ma si tratta solo di una valorizzazione della reazione di ‘congelamento’ di fronte a un trauma. Per affinare le nostre tecniche di guerriglia abbiamo bisogno di sviluppare modalità di cura per riappropriarci dei nostri sensi. Abbiamo bisogno di essere in grado di toglierci l’armatura quando non siamo in immediato pericolo di morte, e imparare a rilasciare il trauma anziché accumularlo all’infinito. Abbiamo bisogno di consapevolezza emotiva e di apertura alla connessione in quanto forza vitale nella nostra lotta.

Anche i gruppi di affinità e di amicizia possono trasformarsi in una sorta di Famiglia nucleare, o in un raggruppamento di Coppie. Sebbene alcuni progetti siano possibili solo con le poche persone di cui ci fidiamo completamente, non tutti i progetti richiedono questi standard. Questo ci permette di aprire spazio per sviluppare complicità al di fuori dei nostri soliti canali, di sperimentare fiducia in nuove persone nel corso del tempo. Se il nostro gruppo è tutto ciò che abbiamo, deve rispondere a tutti i nostri bisogni, come la Coppia o la Famiglia. Se il nostro potenziale di azione dipende totalmente dalla sopravvivenza del gruppo, viviamo sotto l’ombra della sua rottura incombente. È come se la nostra vita condivisa si trovasse posta in una sorta di pentola a pressione, terreno fertile per la formazione di norme, gerarchie informali e disciplina attraverso il controllo. Il conflitto e lo spazio necessario per elaborarlo in maniera sana vengono visti come una minaccia alla nostra sopravvivenza collettiva, o un’interruzione della nostra capacità di agire insieme, anziché una fonte necessaria e desiderabile di crescita e cambiamento. Temendo la dissoluzione del gruppo ci rifugiamo ancora di più nelle Coppie, per non rimanere totalmente solx nel momento in cui giunge l’inevitabile rottura.

Ho cercato di trovare una mia strada in questa dinamica adottando un approccio più informale verso la formazione dei gruppi, vivendomeli in maniera più fluida e contestuale, anziché in forma permanente e formale come può essere una cellula. Possiamo creare un gruppo di affinità per un progetto specifico e dopo averlo realizzato lasciare che questo gruppo si estingua, consentendo la nascita di nuove costellazioni di affinità che si sviluppano da queste esperienze. Avere diverse possibilità di azione all’interno di molte relazioni uniche che possono variare a seconda dei bisogni e dei progetti, senza confini stabili del dentro e del fuori, ci permette di agire all’interno di una rete anziché di un’unità.

Non vogliamo nemmeno riprodurre il modello famigliare del patriarca e della sua progenie elevando, come accade in molti contesti, alcuni teorici influenti e alcune personalità forti a una posizione di semiculto, da Bonanno a dinamiche meno pubbliche all’interno dei vari ambienti di lotta.

Può fare più paura affrontare i propri demoni interiori che scontrarsi con la polizia antisommossa – entrare in conflitto con la persona che ci hanno fatto diventare, con il veleno che abbiamo ingerito di questa società, richiede coraggio. Per esempio, se provo gelosia perché la persona con cui condivido l’intimità desidera qualcunx altrx, e respingo l’idea che quel sentimento sia situato all’interno della mia relazione con quella persona, allora posso riconoscerlo come qualcosa che viene dalle mie esperienze vissute. Posso vedere che quella che identifico come gelosia è una maschera della mia paura della perdita. Posso chiedermi da dove proviene quella paura, per esempio il fatto che unx amicx è statx uccisx o il mio amore più grande mi ha lasciatx, e posso piangere quelle perdite con lx miex amicx. Solo allora posso evitare di usare quel sentimento per creare una dinamica di controllo ed esclusività profonda con la persona con cui sto condividendo l’intimità. Senza questa cornice, quest’opportunità, la mia paura e il mio dolore rimangono bloccati e si incancreniscono dentro di me, e io continuo a proiettarli sulle persone che amo.

Affrontare il proprio trauma, rigettando le dipendenze che ci permettono di evitarlo, come per esempio la Coppia, è solo un primo passo per stare meglio, ma è un passo enorme, terrificante, da cui la maggior parte delle persone rifugge per la propria intera vita. Solo occupandoci di questo trauma, con un viaggio che dura un’intera vita, possiamo oltrepassare la paura che ci porta ad avere bisogno di una Coppia o di unx figlix, di qualcunx da controllare. Ovviamente vivere in questo mondo è un trauma continuo, e questo provoca un aggravamento e un rafforzamento di quello contro cui combattiamo. E così continuiamo a gettare le nostre amicizie, il nostro amore, nella gabbia della Coppia. Continuiamo a proiettare la nostra paura sulle persone a noi più vicine. Una lotta per liberare le nostre relazioni da questa gabbia può solo nutrire la tensione anarchica.

Unx amicx ha scritto una cosa molto bella nella sua risposta a questo testo:

“Ultimamente ho pensato all’intimità come a unx banditx. Come unx hacker o unx smonnezzatorx. So di avere bisogno di modalità condivise di cura per continuare a lottare. Oggi le prendo ovunque io possa trovarle. Mi aggrappo a queste intimità fuggitive anche mentre mi sfuggono tra le dita. Per costruire insieme qualcosa che funzioni, qualcosa di vivibile, che mi dia abbastanza per andare avanti. Sto imparando a vivere in questi spazi di ambivalenza e imperfezione. Non penso ci sia bisogno di riconciliarsi con se stessx per riconciliare il mondo, o qualcosa del genere. Abbiamo solo bisogno di trovare quello che ci fa andare avanti abbastanza da poter continuare a incendiare cose. Chissà quali tipi di strane e meravigliose forme relazionali potrebbero emergere da questo casino…”.

Cerchiamo di sfuggire alle nostre paure - di scomparire, di essere irrilevanti, o sacrificabili, dell’invecchiamento, della morte - rinchiudendoci in istituzioni immortali, che servono ad arrestare il ciclo della morte e della rinascita. Le donne anziane venivano criminalizzate nella caccia alle streghe perché non erano più produttrici di bambinx o di desiderio sessuale, detto altrimenti non erano più donne. Così anche noi temiamo quello che accadrà quando non saremo più produttivx per la società: quale repressione affronteremo quando non saremo più abbastanza giovani e sexy da essere consideratx rilevanti all’interno dei culti anarchici della personalità? Cosa accade se moriamo senza essere l’amante, la madre o lx figlx di nessunx? Cosa accade quando non per- mettiamo a nessunx di rivendicarci?

Questa paura si basa su un dato di fatto molto concreto, ovvero che alcunx dellx nostrx amicx e dellx nostrx compagnx alla fine ci abbandoneranno e tradiranno, si lasceranno alle spalle la nostra lotta condivisa, o ci verranno rubatx dal carcere o dalla morte. Questo è vero, e dobbiamo imparare a piangere queste perdite anziché cercare di sfuggirvi.

Veniamo sospintx in Famiglie e Coppie da un desiderio di appartenere a qualcosa. È su questo desiderio che banchettano il nazionalismo, le religioni, le gang, la società di massa e altri culti autoritari. Poiché ci viene detto che senza appartenenza non esistiamo, rinchiudiamo le nostre relazioni libere in istituzioni che, come il capitale, le prigioni e la merce, trascendono la morte. Contro il culto dell’immortalità tipico della civilizzazione, quelli che noi proponiamo sono legami di affinità, un’ecologia vitale piena di vita, morte e rinascita – un’appartenenza condivisa in costante trasformazione, che si basa sul nostro antagonismo condiviso nei confronti del dominio e sulla volontà di attaccarlo, da una posizione di outsiders.

Da “Ludditas Sexxxuales: Ética amatoria del deseo libertario y las afectaciones libres y alegres” (“Luddiste Sessuali: etica amatoria del desiderio libertario e degli affetti liberi e allegri”):

Nel canile di fianco a casa, lx canx ululano tutta la notte e tutta la mattina. È questa idea di protezione, di benessere, di cura a cui ci opponiamo. Meglio correre per la strada espostx che dormire in una gabbia di buone intenzioni.

Per concludere, vi invitiamo a chiudere gli occhi per una visualizzazione:

Sei unx lupx, che giace in una gabbia grande circa il doppio del tuo corpo, sotto la fredda luce di lampade fluorescenti che si accendono e si spengono, una casa degli specchi della notte e del giorno. Non hai mai fame, non hai mai paura per la tua sopravvivenza, sei intorpiditx in una nebbia di sedazione mentre l’orologio da muro con il suo ticchettio scandisce lo scorrere dei giorni. Senti un rumore, non sai da dove proviene, non capisci se è dentro o fuori di te. È un tuono lontano? I contorni di un ricordo che balena in un momento di rabbia? Ti alzi, ma invece di camminare avanti e indietro, lanci tutto il tuo peso contro l’apertura della gabbia, e cadi sul pavimento sterile. È mai stata chiusa a chiave? Corri a gran velocità fuori dall’edificio, nelle strade, oltre i limiti della città, e il deserto si apre di fronte a te. C’è la luna piena. Ululi.

Silenzio.

Ululi ancora, più forte, non prendi neanche in considerazione l’idea di rilasciare la tensione delle tue membra, ti godi la sensazione dell’aria fredda sul tuo pelo. Senti un richiamo in risposta, e il tuo ululato solitario diventa un complesso intreccio di voci, una canzone. Corri dallx altrx lupx e vi fondete insieme in una danza di corpi, gioco, lotta, riposo. Il ticchettio dell’orologio finalmente abbandona i tuoi incubi, il tuo cuore batte insieme al sorgere e al calare della luna. Ululate insieme perché altrx sentano, per far sapere loro che c’è un posto verso cui correre.

Il nostro branco mette sotto assedio la città che cerca di ricatturarci, distrugge gabbie, strappa la gola ai tecnici di laboratorio, tenta di strappare quel maledetto orologio dal muro, ma non ci riesce. Alcunx dellx tux similx muoiono sotto le armi dei cacciatori. Altrx si uniscono, alcunx ritornano alla sicurezza delle loro gabbie. Quellx che non torneranno mai si leccano le reciproche ferite. Una notte, decidi di andartene e di vagare da solx. La solitudine che hai scelto ora non ha niente in comune con l’isolamento della gabbia, quella te la sei lasciata alle spalle secoli fa. Sai che puoi sempre tornare a casa dallx tuox similx, cambiatx, diversx. Sali su una duna e vieni colmatx dalla distesa del cielo stellato – il tuo cuore è pervaso dall’immensa bellezza del deserto e dalla tua piccolezza al suo interno. Ti riempi i polmoni, rilasci un ululato carico di tutto il dolore e la gioia del tuo vagabondaggio. Altrx rispondono.